di Gaia Agnelli - foto Adriano Di Florio

Alla scoperta del Taekwondo "barese": «Tutto iniziò negli anni 80 con un militare coreano»
BARI – Tutto ebbe inizio con un giovane militare coreano di stanza presso la Base di Nato di Brindisi. Fu lui, negli anni 80, a far conoscere a Bari una disciplina dalle origini lontane e millenarie: il Taekwondo. Un’arte marziale che, nata appunto in Corea, è riuscita a diffondersi in un tutto il mondo diventando tra l’altro anche sport olimpico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La sua forza nasce dal fatto che chi la pratica può usare sia i pugni che calci dinamici e spettacolari. Sono proprio questi ultimi, che possono essere frontali, laterali, circolari, all’indietro e persino eseguiti in volo, a rappresentare la caratteristica principale del Taekwondo (vedi video). Ciò la differenzia dal Karate (nel quale si usano prevalentemente le mani), dal Judo che si basa invece su proiezioni e leve, e dal Muay Thai che utilizza anche gomitate e ginocchiate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Bari la prima palestra ad aver ospitato lezioni di Taekwondo è stata Kanku Dai di via Napoli, lì dove si sono formati il 47enne Luigi Clemente e il 50enne Martino Fumarola: due dei cinque maestri operanti in città ed entrambi fondatori della Koryo, la sezione locale della Fita (Federazione Italiana Taekwondo). Siamo andati a trovarli (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Incontriamo il primo nella sua scuola “Bek Doo San” aperta dal 2011 all’interno del Palacarrassi di via Filippo Turati. Luigi sta aspettando sul tappeto rosso e blu i bambini del corso pomeridiano e ha indosso un’uniforme bianca chiamata “Dobok”, stretta alla vita da una cintura nera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il Taekwondo risale a duemila anni fa quando la Corea era divisa in tre regni – ci spiega –. Il più piccolo, la Silia, stava preparando il proprio esercito contro i pirati giapponesi con un addestramento basato principalmente sul combattimento con le gambe noto come “Taekyon”. Un’arte marziale che si diffuse in seguito anche nelle altre due porzioni di terra, evolvendosi nell’attuale Taekwondo e diventando, in seguito all’unificazione dei regni, sport nazionale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una lontana disciplina quindi, che mise piede in Italia solo alla fine degli anni 60 del 900, grazie ai due fratelli coreani Young Ghil e Sun Jae Park, quest’ultimo primo presidente della Federazione Italiana Taekwondo. «In Puglia arrivarono negli anni 80, concentrandosi nel Salento – continua Luigi –. Ci pensarono però i loro “discepoli” a diffondere lo sport in tutta la regione. A Bari il pioniere fu un coreano di stanza alla Base Nato di Brindisi che cominciò a tenere lezioni alla Kanku Dai».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E fu proprio nella storica palestra di via Napoli che negli anni 90 Clemente (assieme all’amico Martino Fumarola) mosse i primi passi all’interno di questo mondo, condotto dai maestri Gino Lazzaro e Giuseppe Dellino (che ancora oggi insegna in una sala situata all’interno dell’Arena della Vittoria). «Avevo 16 anni – ci dice – e volevo imparare l’autodifesa. Provenivo infatti dal difficile quartiere Libertà dove per sopravvivere era purtroppo necessario “usare le mani”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo appena sei anni di pratica Luigi divenne cintura nera, arrivando a vincere nel 2007 il campionato italiano a squadre e nel 2013 la medaglia d’argento ai mondiali master, come riporta il cartellone esposto in sala.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre parliamo scocca l’ora del corso pomeridiano e una ventina di piccoli allievi entrano in sala. «C’è stato un boom di iscritti negli ultimi mesi: l’oro olimpico del mesagnese Vito Dell’Aquila ha acceso nuovamente i fari sul Taekwondo», sottolinea il maestro mentre sistema i bambini in riga, controllando le divise e le cinture.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Nel frattempo i bimbi corrono in cerchio, fermandosi per fare stretching e alternando spaccate e saltelli per poi calciare in aria gridando energicamente all’unisono “kiap”. Si tratta di un esercizio di forza ed equilibrio importante per imparare le “poomse”, ossia le forme di combattimento utilizzate contro un avversario immaginario.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Clemente prende infine tre sacchi e li posiziona ai lati della sala, preparando un percorso dinamico che vede gli allievi prima rotolare per terra oltrepassando alcuni coni e poi sferrare calci girevoli o al volo sul sacco e sul cuscinetto nero noto come “colpitore”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Prima di andarcene ci avviciniamo al più piccolo del gruppo: Fabio di 4 anni detto “McGregor”, come il famoso artista marziale irlandese. «L’ho soprannominato così perché è evidente quanto ami lottare – conclude il maestro –. Ce l’ha nel sangue, nonostante la tenera età è già possibile riconoscere in lui un futuro talento».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lasciamo la Bek Doo San per spostarci in via Napoli dove ha sede la Kandu Dai. È qui che si allena il “Fumarola Team”, condotto dalla cintura nera Martino Fumarola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Mi sono avvicinato alla disciplina a 18 anni dopo aver seguito le Olimpiadi di Seul del 1988, quando il Taekwondo fu riconosciuto come sport dimostrativo», ci dice Martino. Ci mostra poi una foto d’epoca che lo ritrae nella stessa sala con il maestro Dellino e con i corsisti Luigi Clemente ed Ernesto Valenzano. Perché come detto anche lui ha iniziato proprio alla Kanku Dai, divenendo nel 2009 addirittura campione italiano.

Oggi è impegnato nel formare i suoi agonisti, una decina di ragazzi e ragazze che vediamo allenarsi sul tatami: combattono tra di loro a suon di pugni, calci laterali, circolari e all’indietro. La loro potenza è attutita dalla protezione sul busto, la “corazza” alla quale si aggiungono il caschetto, i paradenti, i guantini, i paratibia, i parabraccia, i parapiedi con magneti e la conchiglia sui genitali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il punteggio maggiore lo assegna il calcio alla testa con rotazione – commenta Fumarola –: sono ben quattro punti. Quello sul tronco vale meno, solo uno. È comunque vietato colpire gambe e viso, afferrare o trattenere l’avversario. L’incontro si sviluppa su tre round, al termine dei quali a vincere è colui che raccoglie più punti oppure chi ha inflitto un Ko allo sfidante».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Intanto gli agonisti si concedono una breve pausa riposandosi appoggiandosi ai sacchi o sedendosi su alcune casse. Avviciniamo il grande del gruppo, il 54enne Francesco, anche lui con in vita la cintura nera. «Dieci anni fa portai mia figlia a fare Taekwondo – afferma –, e più si allenava più mi innamoravo di questa disciplina. Così un giorno, al suo posto, decisi di fare lezione io. Bene, oggi ho l’abilitazione da allenatore».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alle nostre spalle Fumarola, indossata l’uniforme e l’attrezzatura e armato di “scudo da allenamento”, ossia un cuscinetto su cui far sferrare i calci all’avversario, chiama il 26enne Cosimo De Giosa a combattere. Quest’ultimo allacciatosi il caschetto, inizia a roteare slanciando le gambe, seguito poi dalla 21enne Federica che esegue lo stesso esercizio con il maestro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il giovane, terminata la sessione, ci raggiunge per raccontarci la sua storia. «Sono da poco stato nominato commissario della squadra Puglia Cadetti A – afferma –: il mio compito è quello di trasmettere la mia passione alle nuove generazioni. Ho iniziato a 10 anni: ero stanco di giocare a calcio perché troppo violento, al contrario del Taekwondo che potrebbe sembrare tale ma non lo è. Alla base della disciplina vi è infatti una filosofia fondata sul rispetto per gli avversari e su quel senso di giustizia che porta a essere gentili con i deboli e duri con i più forti, battendosi sempre e solo per una valida ragione. In definitiva il Taekwondo è sì un allenamento per il corpo, ma soprattutto una scuola per la mente e l’anima».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Nel video (di Gianni De Bartolo) la nostra visita alle palestre di Taekwondo:


 


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